Neuroni immaturi fino a 100 anni di età in corteccia e amigdala

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 11 marzo 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Non sempre la sorpresa è un effetto di un evento improvviso, a volte un fenomeno o un fatto biologico appaiono solo strani o curiosi, e per questo in grado di attrarre l’attenzione, ma soltanto dopo anni di studio si compone in mente il quadro di senso entro cui avviene la comprensione, suscitando sorpresa. O, forse, almeno nel caso dell’argomento e di colui che qui ne scrive, si tratta solo di un tardivo “Eureka!”[1], dovuto all’inserimento di un tassello decisivo per il riconoscimento della figura di un puzzle composto nel corso degli anni. Mi appresto a introdurre l’argomento, dopodiché questa premessa risulterà più chiara al lettore, qui anticipo solo che il tassello inserito dal nuovo studio riguarda il cervello di persone di 100 anni di età.

L’eccezionale capacità di adattamento all’ambiente e alle circostanze mostrata dal sistema nervoso centrale dei mammiferi richiede plasticità ma, allo stesso tempo, la specializzazione e l’efficienza comportamentale sono possibili soltanto grazie a un’architettura funzionale di connessioni invarianti. Il modo in cui si realizza il cambiamento adattativo preservando la stabilità e la costanza dell’impianto funzionale, può essere considerato come un compromesso fra due istanze opposte[2] o come espressione di attività della parte non soggetta al vincolo di invarianza[3]. Nell’encefalo dei mammiferi adulti, rispetto a vari altri gruppi animali nell’albero filogenetico, la plasticità strutturale appare molto ridotta, anche se si riconosce in differenti forme, fra cui prevalgono il rimodellamento della forma dei neuroni e delle connessioni, mentre rimane molto limitata la produzione di nuovi neuroni.

La neurogenesi adulta è principalmente riservata al giro dentato ippocampale, all’area sub-parietale dei ventricoli cerebrali e al bulbo olfattivo, anche se sono descritti alcuni limitati processi neurogenici e gliogenici da progenitori parenchimali nel cosiddetto “tessuto non neurogenico”. Luca Bonfanti e Juan Nacker oltre un decennio fa hanno attratto l’attenzione su una popolazione di cellule nervose immature, non di nuova genesi, presenti nel secondo strato della corteccia cerebrale, in passato ritenute erroneamente frutto di neurogenesi adulta perché esprimono in modo massiccio la doublecortina (DCX), proteina associata ai microtubuli tipica di precursori neuronici e neuroblasti, e la forma poli-sialilata della molecola di adesione cellulare neurale.

L’identificazione nell’uomo di una gamma eterogenea di cellule nervose immature nella corteccia cerebrale e nell’amigdala, documentate in passato nell’infanzia e nell’adolescenza ma ora da Ya-Nan Li e colleghi rinvenute anche nel cervello umano centenario, suggerisce la presenza di una riserva a supporto della plasticità funzionale di rete, legata alla dimensione dell’attualità neurofisiologica cerebrale in ogni età della vita[4].

(Ya-Nan Li et al., Doublecortin-Expressing Neurons in Human Cerebral Cortex Layer II and Amygdala from Infancy to 100 Years Old. Molecular Neurobiology – Epub ahead of print doi: 10.1007/s12035-023-03261-7, March 6, 2023).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Anatomy and Neurobiology, Central South University Xiangya Medical School, Changsha, Hunan (Cina); Department of Neurology, Xiangya Hospital, Central South University, Changsha, Hunan (Cina); Department of Neurology, Brain Hospital of Hunan Province, Changsha, Hunan (Cina); Department of Psychiatry, The Second Xiangya Hospital, Central South University, Changsha, Hunan (Cina).

Nel XX secolo la nozione dei neuroni cerebrali dei mammiferi quali cellule perenni che hanno perso la capacità mitotica in funzione della specializzazione in circuiti che mantengono stabili le memorie di una vita, a cominciare dal senso di identità, sembrava un dogma indiscutibile[5]. E quando, negli anni Settanta, la nascente neurobiologia evidenziava l’importanza di plasticità e ridondanza nel cervello, la prima intesa soprattutto quale capacità di formare memorie con nuove connessioni e la seconda come presenza di neuroni in eccesso reclutabili o attivi in alternanza per evitare l’esaurimento fisiologico, si riteneva fosse solo una questione di sinapsi. Convinzione rafforzata dalla scoperta della base cellulare della memoria nel 1973 da parte di Bliss e Lømo come conservazione a lungo termine dell’attività di scarica di sinapsi ippocampali di coniglio dopo una stimolazione di neuroni adiacenti.

Un decennio dopo, quando Fernando Nottebohm studiando l’apprendimento del canto degli uccelli scoprì la neurogenesi nel cervello di un vertebrato adulto, cominciò a prendere corpo l’ipotesi che anche nell’encefalo dei mammiferi vi fossero siti di neurogenesi post-embrionaria. Negli anni Novanta, l’individuazione di siti di neurogenesi nel cervello umano avviò la ricerca sulla comprensione del ruolo che questo fenomeno ha nell’economia e nella fisiologia cerebrale. Furono avviati molti studi per esplorare la possibilità di orientare e dirigere la neurogenesi in condizioni patologiche verso le sedi di perdita di neuroni. La convergenza di una parte di questa ricerca con le indagini sulle basi molecolari della rigenerazione neurale ha promosso lo studio dei fattori dell’ambiente extracellulare e dei segnali che consentono il mantenimento dello stato indifferenziato dei precursori o permettono l’avvio della differenziazione nel cervello adulto.

Ya-Nan Li e colleghi hanno studiato gli elementi cellulari poco differenziati della linea neuronica di cui si è detto per cercare di stabilirne il ruolo fisiologico. Come si è già accennato, una schiera di cellule nervose immature eterogenee per grado di differenziazione ma accomunate dall’essere immunoreattive alla doublecortina, cioè DCX+, sono state identificate nella corteccia cerebrale, in gran parte intorno allo strato II (o lamina II), e nel complesso nucleare dell’amigdala, in massima parte nel nucleo paralaminare (PLN)[6]. Per ottenere un’ampia visione spaziotemporale su queste cellule neurali nella nostra specie, Ya-Nan Li e colleghi hanno esaminato gli elementi citologici DCX+ dello strato II della corteccia cerebrale e dell’amigdala di cervelli di ogni età, da quelli di bambini lattanti fino a quelli di persone di 100 anni.

È interessante rilevare subito la distribuzione, all’interno del II strato della corteccia, di queste cellule poco differenziate di riserva: 1) lattanti (infants) e bambini fino a 3 anni (toddlers): le cellule DCX+ erano presenti in tutti i lobi del cervello; 2) adolescenti e adulti: le cellule DCX+ erano principalmente reperite in corrispondenza del lobo temporale; 3) anziani: le cellule DCX+ erano reperibili solo nella parte della corteccia temporale che circonda l’amigdala.

All’interno del complesso nucleare dell’amigdala: le cellule DCX+ erano presenti in tutte le fasce d’età, incluso il cervello dei centenari; la loro localizzazione principale era sempre il PLN, ma col passare degli anni si determina una progressiva riduzione del loro numero.

Le cellule DCX+ di “piccola taglia”, ossia di minori dimensioni, erano unipolari o bipolari e formavano delle catene migratorie che si estendevano tangenzialmente, obliquamente e dall’esterno all’interno della corteccia negli strati I-II-III del neopallio, mentre le cellule DCX+ di piccole dimensioni dell’amigdala formavano catene migratorie dal PLN ad altri raggruppamenti nucleari amigdaloidei.

Da un punto di vista morfologico, le cellule DCX+ che avevano l’aspetto strutturale dei neuroni maturi, presentavano un soma, cioè un corpo pirenoforico della cellula, di dimensioni notevolmente maggiori, associato ad una più debole reattività DCX, che ne caratterizzava la riconoscibilità.

In contrasto con quanto rilevato per le cellule nervose immature studiate nel secondo strato corticale e nell’amigdala, le cellule nervose DCX+ nel giro dentato dell’ippocampo sono state rilevate soltanto in cervelli di bambini in sezioni cerebrali preparate in parallelo.

Lo studio condotto da Ya-Nan Li e colleghi rivela una distribuzione regionale delle cellule DCX+ dello strato II molto più ampia ed estesa nel cervello umano di quanto documentato in precedenza, specialmente durante i periodi dell’infanzia e dell’adolescenza, e dimostra la presenza e la persistenza nel lobo temporale di cellule nervose immature DCX+ nello strato II della corteccia cerebrale e nel complesso dei nuclei dell’amigdala durante tutta la vita dell’individuo, indipendentemente dalla sua durata.

Le cellule nervose DCX+ dello strato II e dell’amigdala possono dunque costituire un sistema essenziale di elementi nervosi immaturi a supporto della plasticità funzionale delle grandi reti neuroniche del cervello, in una maniera dipendente dalla regione e dall’età.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-11 marzo 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] “Ho trovato!” È l’espressione che si vuole sia stata pronunciata da Archimede entrando in acqua e accorgendosi dello spostamento del fluido proporzionale alla parte del corpo immersa; l’osservazione avrebbe dato poi luogo al principio di Archimede nella sua formulazione originaria (oggi lo si riferisce in generale ai fluidi): un corpo immerso nell’acqua riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso dell’acqua spostata.

[2] È il modo preferito da Luca Bonfanti e colleghi (Progress in Neurobiology 98 (1): 1-15, 2012).

[3] È l’angolazione prospettica seguita dal nostro presidente: l’adattamento richiede sia conservazione (stabilità) che cambiamento (plasticità).

[4] Si tratta di un’evidenza a sostegno di un’ipotesi avanzata in passato dal nostro presidente.

[5] In estrema sintesi, dall’esperimento di Tello, gli studi sulla rigenerazione sono riportati in Note e Notizie 04-02-23 Rigenerazione dei nervi periferici con let7a antagomir, in forma più estesa l’argomento è affrontato nel nostro articolo scritto in risposta a Molecular “Stop SignsMay Hold Secret Of Nerve Regeneration come “Brain Mind & Life Opinion” e riportato nelle pagine dell’International Society of Neuroscience BM&L-International: si accede con click (o tocco, col touch screen) sull’icona del mondo a sinistra del cervello della splash page, poi click su “CURRENT”, qui scorrere la pagina fino in fondo dove c’è la scritta “CURRENT 2002-2004”, facendo click su questa scritta si vedrà apparire una superficie simile a una lapide, nuovamente intestata “CURRENT”: scorrendo l’elenco verso il basso si troverà il titolo “Neural Regeneration”: col click su questo titolo appare Molecular “Stop SignsMay Hold Secret Of Nerve Regeneration, seguito dall’articolo che fa il punto degli aspetti da indagare e dei problemi da risolvere per ottenere in futuro una rigenerazione neurale dopo lesione.

[6] Questi studi sono stati condotti su varie specie di mammiferi.